Il termine cyberbullismo (cyberbullying) designa quella forma di prevaricazione volontaria e ripetuta nel tempo nei confronti di un singolo o di un gruppo, attuata mediante uno strumento elettronico, con l’intento di mettere a disagio la vittima che non riesce a difendersi (Smith et al., 2006). La ripetizione della prevaricazione, in verità, non è condizione necessaria a definire l’attacco in rete, poiché un solo messaggio o video diffamatorio ha una potenzialità di diffusione illimitata. Il cyberbullismo può essere considerato la versione digitale del bullismo, fenomeno preoccupante diffuso tra i giovani e oggetto dell’attenzione del Ministero dell’Istruzione e di organismi quali Eurispes e Telefono Azzurro già da molti anni. Col termine bullismo, dall’inglese ‘bullying’, si indica l’insieme di attacchi fisici, verbali e/o psicologici da parte di un singolo o di un gruppo nei confronti di una vittima designata. Quest’ultima viene individuata solitamente in base a una diversità rispetto alla norma: può essere colui che viene percepito come più debole, vulnerabile, diversamente abile o diverso per aspetto fisico, orientamento sessuale, religione, razza, lingua. Il bullo si caratterizza per essere aggressivo, impulsivo, intollerante, incapace di empatia e irrispettoso dell’autorità; la vittima è solitamente un individuo insicuro, con bassa autostima, chiuso, isolato e incapace di chiedere aiuto.

Ora, con il dilagante impiego delle tecnologie come personal computersmartphone e tablet da parte dei giovani, il fenomeno del bullismo si è trasferito in rete. Benché i due fenomeni siano simili per quanto riguarda le caratteristiche del bullo e della vittima, il cyberbullismo è, di fatto, molto più subdolo e pericoloso, a causa delle caratteristiche intrinseche al mezzo di diffusione. Infatti l’attacco perpetrato in rete ha una diffusione virale, una dimensione temporale illimitata (e non limitata, per esempio, all’orario scolastico) e la presenza di spettatori (i cosiddetti bystanders) che non solo non intervengono a favore della vittima, ma con la diffusione del messaggio o del video diffamatorio sui social network contribuiscono all’attacco nei suoi confronti. Inoltre, l’uso di nickname e di identità fittizie e l’assenza di un rapporto personale diretto tra aggressore e vittima determinano una sorta di spersonalizzazione e di declino di responsabilità da parte del cyberbullo, con la  caduta di ogni freno etico e inibitorio. Qui il confine tra uso improprio e uso malevolo della tecnologia si fa sottile, poiché  l’anonimato e la mancanza di un feedback diretto sui danni provocati alla vittima offuscano spesso la consapevolezza e la reale percezione delle conseguenze degli attacchi perpetrati.

Questa la descrizione che appare sul sito del Ministero dell’Interno sul cyberbullismo[1]: “Comportamenti devianti aggressivi, persecutori, passano attraverso i social network, i blog, le chat, i news-group, i forum: diffusione di messaggi via sms, e-mail con contenuti violenti, offensivi o volgari (il flaming), invio ossessivo di messaggi denigratori, di carattere persecutorio (harassment o put down, mirato a demolire la reputazione di una persona), troll (messaggi provocatori o insinuatori, finalizzati a infastidire, disturbare), diffusione di immagini, magari sexy o hot ‘rubate’ violando l’account della vittima. E ancora, diffusione di dati personali, furto d’identità o sostituzione di persona (masquerade) per creare profili fittizi sui social o spedire messaggi a nome altrui; banning o exclusion, cioè l’esclusione della ‘vittima’ da una community on line, Internet polling, quando si lanciano sondaggi on line per classificare la/le vittime in base ai loro difetti”.

Questi attacchi generano nella vittima disagio, vergogna, sofferenza, isolamento e depressione, che possono sfociare nell’autolesionismo e perfino nel suicidio.

Secondo i dati forniti dalla Polizia postale e delle comunicazioni, dall’inizio dell’anno fino al 30 aprile 2015 ci sono state 72 denunce di episodi con vittime minorenni e 34 denunce di presunti cyberbulli minorenni[2]. Questi i casi denunciati, ma si ritiene che il fenomeno riguardi migliaia di studenti.

Ricerche recenti confermano che l’età maggiormente coinvolta nel fenomeno è quella adolescenziale, con un picco notevole intorno ai 13-15 anni (Slonje, Smith & Frisen, 2013).

Attraverso le “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo dell’aprile 2015 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha suggerito azioni concrete per favorire la sicurezza in rete e contrastare il bullismo e il cyberbullismo. […]

In accordo col suddetto Protocollo di Intesa del MIUR, il 17 ottobre 2016 è stato presentato il Piano Nazionale per la prevenzione del bullismo e del cyber-bullismo a scuola 2016/2017; inoltre il 7 febbraio 2017 si è celebrata la “Prima Giornata nazionale contro il bullismo a scuola”.

Maggio 2017 : Legge sul cyberbullismo (fonte Ansa)                    

Ottobre 2018- Piattaforma ELISA          

Legge sul cyberbullismo (fonte adnkronos)   –  Dal sito dell’Ordine Psicologi Emilia-Romagna

[1] http://www.interno.gov.it/it/notizie/cyberbullismo-difendersi-puo-0

[2] Ibid.

Aggiornato il 18 marzo 2019

Si veda anche:

Bullismo e cyberbullismo- sito dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna

Il silenzio fa male – Arte e Fotografia (Istituto Balbis)- video